lunedì 15 novembre 2010

LEGGERE DOSTOEVSKJI A WEMBLEY



Il film (tratto dall'omonimo romanzo) “The Damned United”, narra la storia vera di Brian Clough, manager di calcio nell’Inghilterra degli anni 70, ed apre uno spiraglio insperato sul racconto del football nel 2009. Quando ormai sembravamo esserci rassegnati a film o libri che dovevano per forza passare attraverso storie di Ultras quantomeno pulp o rimpicciolire al paragone di Nick Hornby e di Fever Pitch, spunta dal cilindro inglese questo gioiello.
Ma la chiave per capirlo non è da ricercare – o almeno non solo – attraverso la maniacale ricostruzione tanto suggestiva dell’England Old Style, o nell’appassionante cavalcata di immagini, risultati e divise originali, quanto nel confronto tra i due manager, Levin e Clough, appunto, uniti da un sincero odio e da una rivalità che si specchia e si ingigantisce stagione dopo stagione. Sì, perché se per leggere appieno “Fever Pitch” dovevi conoscere i Beatles, sapere chi fosse Georgie Best, i mondiali del 66 ecc, qui ti trovi del tutto sprovveduto se non accompagnato da almeno un paio di opere: Dostoevskji, Memorie del sottosuolo, come minimo, Le rouge et le noir, e, perché no, La recherche di Marcel Proust. Il serrato rapporto tra i due manager, l’invidia, il rancore, il risentimento, le rivincite. La vita. E, intorno, il gioco più bello del mondo.

venerdì 2 luglio 2010

Soccer for Breakfast




 Notre Dame, Indiana. E per fortuna, nella cafeteria del Campus trasmettono ESPN sport praticamente tutto il giorno. Da quando sono arrivato, non ho smesso di chiedere in giro dove avrei potuto vedere le partite dei Mondiali. Pare che il movimento del soccer sembra in ripresa negli States. In giro, molta gente con la maglia della nazionale USA, molti highlights dei mondiali alla tele, e un sacco di campi stupendi in giro per il campusLe partite migliori - siamo già ai quarti di finale - sono all'insolito (per noi!) orario mattutino. Certo, non le levatacce di Giappone-Corea 2002, ma insomma. Oggi guardo Olanda-Brasile. Partita esaltante, almeno sulla carta, ma nessuno studente davanti al video. Solo il cuoco messicano, che pranza alle 10, è davanti al video. Poi, a parte me, un docente corregge i compiti del suo corso. Mangia Hamburger e Coca Cola (alle 10! Passi per il cuoco che si sarà alzato alle 4, ma tu...) e non degna nemmeno di uno sguardo lo schermo a cristalli appeso al muro. Americans...

mercoledì 16 giugno 2010

Sostenitori

Uno dei nostri sotenitori ci scrive: "Ebbene si, lo confesso... sono militante! Non ho mai avuto la vena dell'allenatore, non ho nemmeno potuto mai fare quei bei discorsi del tipo "ho fatto i provini nelle giovanili della Samp ma mio papà mi ha detto che prima devo finire le scuole, ma se fossi andato....."... Ma la passione per il calcio e per i mondiali soprattutto non mi è mai mancata. Ho sempre avuto, e tutt'ora ho, la convinzione che chi indossa la maglia della propria nazionale sia un pò come il cavaliere pronto a prtire per le crociate, pronto a morire in battaglia per un grande ideale... già, questioni puramente economiche, giochi di potere mascherati da ideali nobili. Ma quando vedi Zidane il predestinato che come per magia ha l'occasione di rifilare un cucchiaio a Buffon, e lo stesso Zidane (il predestinato!) impazzire scornando come un toro, dimenticare per un attimo di follia tutti i sogni e le ambizioni, le regole del fairplay e l'opinione pubblica... beh, lì capisci che ancora qualcosa di vero c'è, qualcosa di umano e non, la fortuna e l'audacia che fanno a botte in un campo pieno di magia. E allora si, il me cinico si riconcilia col bambino che giocava a figurine, sono militante, sono tifoso della mia nazionale, non so se sulla carta siamo al 5 o al 10 posto, non so se le scelte tecniche sono impeccabili o inesatte, non so nemmeno se pepe valga più di di natale... ma so una cosa, al fischio di inizio di Italia - Paraguay i miei battiti cominceranno ad aumentare, i nervi cominceranno a saltare senza misura e la speranza che per un assurdo miracolo potremo sempre farcela sarà sempre lì, che lo voglia o no. E allora tanto vale crederci sempre, sognare di gioire senza chiedersi perchè, per come o per chi, e se dovesse andare male, c'è sempre il prossimo mondiale, che è sempre quello giusto!".

giovedì 10 giugno 2010

El pueblo unido...


Manca solo un giorno ai Mondiali. L’atmosfera è ambigua. Da una parte, rilevo indifferenza (forse anche dovuta alle aspettative vicino allo zero dei tifosi della Nazionale), dall’altra, comincia il tam-tam mediatico, pubblicità, eventi – si sono perfino inventati il concerto prima del mondiale, una specie di baraccone tipo Live Aid per il Sudafrica – iniziative editoriali. Tra tutte, segnalerei una “Storia dei Mondiali” a vignette. Una chicca. Poi, c’è la serie di DVD con i film ufficiali dei Mondiali precedenti. Ricordo ancora l’emozione di quando, nel 1983, davano alla tele in prima visione “Golè – il film ufficiale dei Mondiali in Spagna”. Con mio fratello eravamo esaltatissimi: mamma ci permise perfino di cenare in soggiorno quella sera.
Una nota di colore e di speranza dai “militanti”. Stamattina, in edicola, mentre compravo la Rosa, si avvicina circospetto un signore sui 60 anni (l’edicola è luogo di identità sbandierate ma anche di vergognosi pudori), chiede il Manifesto ed il quotidiano locale. Un tipo della vecchia scuola, tra Togliatti e Berlinguer, il Socialismo in un solo paese, questione morale ecc. Ed ecco, magia. Come se dovesse chiedere di un giornale vietato, fa all’edicolante: “Cos’è questo giornale sui mondiali”? E si mette a sfogliare come un bimbo uno dei tanti “speciali” sull’evento dell’anno, con foto, schemini di formazioni (li adoro!), calendario ecc. Lo ha comprato! Lo immagino a casa, sfogliare il giornale del popolo, e controllare la formazione più recente dell'Argentina. La faccia del Che, e il gol di Maradona. Que viva la militancia!!!!

domenica 6 giugno 2010

What We Talk About When We Talk About Football: Contra Fantacalcium

What We Talk About When We Talk About Football: Contra Fantacalcium

Contra Fantacalcium


Parliamoci chiaro. Sinceramente. Poche cose sono noiose come il fantacalcio. Forse solo le manifestazioni di apertura dei mondiali (balletti…da quattro anni noi aspettiamo le partite, i tackles, i goal, le lacrime, il sudore, le maglie strappate…e loro ci danno i balletti!).
Soldi finti – a volte veri – calciomercato, classifiche, voti il lunedì mattina sulla Gazzetta. Due punti in più a chi segna un goal. Anche se il compagno ha appena scartato l’intera difesa, spiazzato il portiere avversario e passato la palla verso la porta sguarnita. Per il fantacalcio, chi segna prende sempre voti in più. Più di un difensore che “tiene” il muro (Cannavaro di Germania 2006 avrebbe vinto il pallone d’oro del Fantacalcio?), o un centrocampista tutto cervello o tutto polmoni. Figuriamoci il punteggio per Claudio Gentile, eroico, dopo Italia-Argentina del 1982. Meno sei?
La cosa che “puzza” è che tante ragazze amano fare il fantacalcio. Ecco, appunto. Nulla di più stucchevole, quasi peggio di una partita di calcetto “mista”.
Adesso, come ogni inizio campionato, o champions, la gente fa il fantacalcio dei mondiali, pubblicizzato su giornali e siti specializzati.
Che noia.

giovedì 3 giugno 2010

Il Mister...

On attendent i Mondiali (e la retorica collegata, tipo FIFA respect, cerimonia di apertura con danze etniche, le polemiche sulle wags...), ecco un pò di calcio non patinato!


lunedì 31 maggio 2010

Domenica...

Il sole comincia ad avere la meglio sul campetto di terra in altura. Il vento acompagna le irregolarità, la polvere di gesso appena passata dal custode anziano si alza grezza. Siamo ancora nello spogliatoio, arrivati alla spicciolata, come ogni tardo pomeriggio di domenica. L’orario ha cominciato a slittare da un po’ di anni. La vera partita, la domenica, si giocava alle tre, alle due e mezza nei mesi invernali. Adesso, a quell’ora, con l’avvento di Sky, siamo tutti davanti alla tv a guardare le partite. Ma non cambia molto. O forse, ci illudiamo che non sia cambiato niente da allora. Le facce, segnate da anni di frustrazioni calcistiche e non, i capelli più radi e grigi, le pance che fanno capolino dalle maglie. C’è chi ancora porta la vecchia divisa, verde e bianca, in acrilico, col numero consumato dietro. C’è chi invece spende ancora bei soldi nell’equipaggiamento sportivo, e sfoggia, almeno nel periodo dei saldi, maglie ufficiali, scarpe all’ultimo grido, perfino i parastinchi di marca. Normalmente, indosso i pantaloncini da jogging della nike, la maglietta adidas verde militare, con le tre strisce e il logo bordeaux, che mia moglie mi ha regalato l’estate che poi ci siamo fidanzati. Ricordo di aver visto una maglia ufficiale la prima volta indosso ad un ragazzino inglese, con addosso la divisa della nazionale, portata così come una camici o una polo, con sotto i jeans e le scarpe. Aveva i capelli alla Rod Stewart, e il numero 7 sulle spalle di Kevin Keegan. Ero in vacanza con i miei in un rinomato posto in montagna, ed era agosto, penso intorno al 1980. Il fatto che io ricordi ancora perfettamente questo episodio mi dimostra quanto sono stato invidioso, in quel momento e negli anni a venire. Più o meno fino ad oggi.

sabato 22 maggio 2010

Ancora militanti...

Un lettore anonimo ci scrive, partecipando alle riflessioni sulla "militanza". Lo ringraziamo. Ecco il suo commento:

"Militanza, da "militare", verbo intransitivo; prendere parte all'attività di un partito, di un'organizzazione politica, culturale, sportiva.


Le tinte forti che contraddistinguono il termine, soprattutto "grazie" ai media, non rientrano negli intenti della nostra cara lingua italiana, che anzi ne sottolineava l'importanza non dando qualificazione alla derivazione etimologica della parola, quanto, piuttosto, al concetto di "parte di qualcosa".

Siamo stati tutti calciatori, abbiamo esultato tutti sotto curve immaginarie e sognato partite inesistenti, ma solo a pochi è data la fortuna di mantenere questa passione immutata; passano gli anni e ci si vergogna di essere parte di qualcosa, perchè ci identifica, pone un'etichetta.

Non vergognatevi mai di avere amore per qualcosa, che sia un libro sui fiori di bach, un negozio di detersivi biologici alla spina o una gazzetta rosa che spunta dalla borsa.

Invidio profondamente chi è "adepto", chi riesce a trovare in un partito, in un'idea, in un gioco, un modus vivendi; ammiro chi, a 30 anni, si leva la maglia e sogna ancora sotto una curva che non c'è.

giovedì 20 maggio 2010

La Coppa dei campioni


Il grande Trap diceva che la coppa più difficile era la Coppa Uefa, perchè partecipavano le squadre che erano arrivate ad un soffio dal vincere il proprio campionato l'anno precedente, e che si rinforzavano per vincere quello in corso. Mentre i partecipanti alla Coppa dei Campioni erano un pò seduti sugli allori. La saggezza del Trap è stata poi presa in parola, con l'invenzione della Champions League: non solo i campioni in carica ma anche le seconde (e terze e quarte) dei vari paesi europei. Ma per noi la coppa più affascinante rimane quella "dei Campioni". Storie, maglie, immagini. Leggenda. La prima finale che ricordo la vidi in TV con mio padre e mio fratello. Televisore bianco e nero, due squadre "nordiche", l'Aston Villa e il Bayern Monaco. Nel 1982. Vinse la squadra di Birmingham per uno a zero. Fantastico. Un mese dopo, cominciava il mondiale spagnolo. Il calcio è questo. Anche se la partita ti ha esaltato, c'è sempre una partita ancora più bella e avvincente da giocare (e da guardare) tra poco. E anche se perdi, l'anno prossimo (o tra quattro anni, nel caso di mondiali o europei) ti potrai rifare.

mercoledì 19 maggio 2010

Figurine mondiali!

Finito il campionato, è già tempo di finale di Champions e di...Mondiali!
Mancano davvero pochissimi giorni. Anche l'aria di inzio estate (per chi sta in Sicilia...) riporta con la testa e il cuore agli ultimi giorni di scuola, alle partite organizzate nei campetti di terra, ai pomeriggi interminabili con pallone e tre amici. Antifurti che suonano, e anche qualche vetro in frantumi. E poi...i mondiali.
Sono passato per caso davanti ad un'edicola l'altra mattina, ho visto il nuovo album della panini, edizione Sud Africa 2010. Mi è venuto in mente quello del 1982. Lo aveva mio cugino. Le figurine erano profumate, lucide, e riproponevano tutti i campioni del momento. Maradona, Platini, Zico, Falcao, Rummenigge, Paolo Rossi. Ricordo di aver visto tutte le partite. Avevo la febbre, durante la prima fase, così imbacuccato, mia madre mi permetteva di avere il televisore sempre a disposizione, perfino in camera (cosa assolutamente nuova per noi!).
Avevo un quaderno dove scrivevo tutte le classifiche e i risultati. Da allora, non ricordo di aver vissuto la passione per il calcio tanto intensamente. Con mio cugino. E il suo album panini!

giovedì 6 maggio 2010

Formazioni...


Un lettore anonimo ci riporta al “cuore” del nostro blog. Posta un commento ed un video che dimostrano la sua “militanza” e contemporaneamente ci dimostra la capacità di coinvolgimento delle immagini. Ricordi, emozioni, perfino i profumi. Bellissimo.
In particolare, il video ci apre alla possibilità di organizzare un gioco – fra i più antichi ed apprezzati dai militanti, anche in tenera età – il gioco delle formazioni.
“Zoff, Gentile, Cabrini…”, “Tancredi, Nela, Vierchowod…”, chi tra noi non ha snocciolato come un rosario apocrifo tutte le formazioni a memoria, sfogliando l’album Panini? In “Ecce Bombo” di Nanni Moretti, davanti ai commissari per gli esami di Stato, alla domanda: “i presidenti della Repubblica dal 1948 a oggi”, lo studente interrogato risponde, un po’ titubante: “De Nicola…De Nicola…De Nicola, Burgnich, Facchetti…”. Grande!
La sfida è aperta: cerchiamo le formazioni nella nostra memoria. Quella proposta dell’anonimo lettore è quella della Samp dello scudetto. Allenata da Boskov, la Sampdoria campione d’Italia si basava su Pagliuca in porta, sulla difesa di Mannini e Vierchowod, sulla velocità di Attilio Lombardo sulla destra, sulla regia di Tononho Cerezo, le intuizioni di Beppe Dossena, che partiva da sinistra, sul genio di Bobbygol Mancini, sull’esplosività di Luca Vialli. Lanna, Pellegrini, Fausto Pari, Karanec, Mikhailichenko, fra gli altri, completavano una squadra spettacolare e vincente.
Quella Samp rappresenta, assieme al Verona dei primi anni 80, una sorpresa ed una rottura rispetto all predominanza degli squadroni nazionali, Juve, Inter, Milan. Una discontinuità che oggi sembra sempre più difficile. Un po’ come il Porto di Mourinho che vince la Champions, o la Grecia che vince gli Europei nel 2004. Un po’ come il Porthsmouth già retrocesso e fallito per debiti che va a Wembley per sfidare il Chelsea in finale di FA Cup.


mercoledì 5 maggio 2010

Il 5 maggio


Oggi è il 5 maggio. Come si poteva prevedere, il polverone del biscotto si sta stemperando. Il beneficio della vita vissuta è quello di superare i pensieri e gli affanni di ieri con quelli del momento.
 E siccome credo concordiamo tutti che il calcio è una metafora – superba! – della vita, siamo già qui a pregustare vendette (sportive), rendimento di conti (calcistici), prove d’orgoglio, riscatto. Stasera si gioca. La finale di Coppa Italia (bella consolazione, direte voi) si propone come possibile chiusura delle polemiche. La squadra migliore vince. E stop.
E siccome il blog è indirizzato ai militanti di calcio ma anche ai militanti di letteratura, visto che è il 5 maggio, vi proponiamo la rilettura dell’omonima poesia (la seconda parte, la meno conosciuta e la più coinvolgente). Conosciamo tutti la storia. Più altéro di Mourinho, più vincente di Capello, Napoleone è relegato a Sant’Elena. Sembra tutto finito (come dopo una finale persa), ma la vita – la Provvidenza - dà all’Imperatore sconfitto (non stiamo parlando di allenatori turchi) la possibilità di una nuova “apertura”, di un nuovo – insperato – inizio. Quello della vita interiore, dei ricordi riscattati. E Manzoni, che è un po’ il Gianni Rivera dei nostri scrittori (se Manzoni è Rivera, Leopardi potrebbe essere Roberto Baggio, attendiamo vostri paragoni…), scrive un inno meraviglioso. Alla vita. Alla fede. E ad una seconda possibilità.

E sparve, e i dì nell'ozio       55
chiuse in sì breve sponda,
segno d'immensa invidia
e di pietà profonda,
d'inestinguibil odio
e d'indomato amor.       60
Come sul capo al naufrago
l'onda s'avvolve e pesa,
l'onda su cui del misero,
alta pur dianzi e tesa,
scorrea la vista a scernere       65
prode remote invan;
tal su quell'alma il cumulo
delle memorie scese.
Oh quante volte ai posteri
narrar se stesso imprese,       70
e sull'eterne pagine
cadde la stanca man!
Oh quante volte, al tacito
morir d'un giorno inerte,
chinati i rai fulminei,       75
le braccia al sen conserte,
stette, e dei dì che furono
l'assalse il sovvenir!
E ripensò le mobili
tende, e i percossi valli,       80
e il lampo de' manipoli,
e l'onda dei cavalli,
e il concitato imperio
e il celere ubbidir.
Ahi! forse a tanto strazio       85
cadde lo spirto anelo,
e disperò; ma valida
venne una man dal cielo,
e in più spirabil aere
pietosa il trasportò;       90
e l'avviò, pei floridi
sentier della speranza,
ai campi eterni, al premio
che i desideri avanza,
dov'è silenzio e tenebre       95
la gloria che passò.
Bella Immortal! benefica
Fede ai trionfi avvezza!
Scrivi ancor questo, allegrati;
ché più superba altezza       100
al disonor del Gòlgota
giammai non si chinò.
Tu dalle stanche ceneri
sperdi ogni ria parola:
il Dio che atterra e suscita,       105
che affanna e che consola
,
sulla deserta coltrice
accanto a lui posò.       108

martedì 4 maggio 2010

You'll never walk alone

Crudo, cotto o... Come ogni fine stagione si ripropone il problema delle partite "biscottate". Ma questa volta la questione Lazio-Inter-Roma (triangolo d'amore e d'odio!) sembra pesante: interrogazioni parlamentari, minacce tipo Gomorra, rimandi a De Coubertin. Parliamoci chiaro: lo sapevamo tutti che sarebbe finita così. Soprattutto quando la lega non ha messo la contemporaneità delle partite.Annalena Benini scrive sul Foglio un commento garbato ed ironico, com'è suo costume. Ecco il link dell'articolo: "OH, NOO". Anche se la giornalista si compiace troppo - a nostro avviso - sul parallelo (diabolico! E tipicamente femminile...) tra la fiction tv "Tutti pazzi per amore" e il posticipo serale. Ma la perdoniamo.
Piuttosto, leggo sui giornali che anche la partitissima di Premier League tra Liverpool e Chelsea sarebbe stata "impastata". Ci scrive il nostro corrispondente da Londra, Nico: "Sarà anche stato biscotto, ma nessun tifoso dei reds ha esultato ai gol dei blues, e nessuno ha insultato Reina ogni volta che parava... Almeno hanno salvato le apparenze e non hanno perso la faccia! Poi dicono che la gente non va più allo stadio. E...se l'Atalanta avesse vinto?".
Rimaniamo sospesi nel giudizio. Il calcio inglese è ormai il modello (sportivo, coreografico, culturale, manageriale) degli altri campionati. I tifosi, quelli del Liverpool in particolare, si contraddistinguono per il calore verso la propria squadra. You'll never walk alone. Da brividi. Sportivi.

domenica 2 maggio 2010

La parola ai lettori...



Oggi è domenica. La redazione è chiusa (ah ah), per cui lasciamo spazio ai lettori. Il primo commento al blog viene da Alberto, di Reggio Emilia. Da buon militante, ha abboccato all'amo della provocazione "calcio e cinema". Grazie Alberto.
"Prima di tutto faccio i complimenti per la lodevole iniziativa e per la genialità del titolo!
Per il discorso film volevo solo ricordare un biografico interessante su George Best: "Best" ,appunto,uscito nel 2002 e interpretato da John Lynch. Ovviamente molto alcool e poco calcio purtroppo, ma comunque un gradevole contributo al campione. Sottolineo anche la presenza di Patsy Kensit ai più nota per la partecipazione al singolo "la luce buona delle stelle" di un Ramazzotti stile ufficiale e gentiluomo de Tor Pignattara..."

sabato 1 maggio 2010

MILITANZA

Oggi è il primo maggio. Ma noi – non avendo mai fatto molto nella vita – non lo festeggiamo, perché sarebbe come chi festeggia il capodanno cinese non essendo cinese.
Riflettiamo invece su un carattere importante per il profilo del nostro lettore (e partecipante) del blog. Il militante. La parola sta indubbiamente perdendo il suo fascino. Si va colorando di tinte fosche e di divise dai colori rigorosamente non-pastello. Militanza indica tenacia, identità, chiusura, serrare dei ranghi, silenzio operoso. Tutte cose spaventosamente fuori moda. Politicamente scorretta, la militanza evocherebbe così regimi totalitari o appartenenza a gruppi dai dubbi fini (parrocchie, gruppi sportivi, associazioni bocciofile o comitive ciclistiche). Vade retro.
Attivismo, obbiettivi e consapevolezza del ruolo (uniti alla sicurezza che danno alcuni segni esteriori, imprescindibili, di riconoscimento) sarebbero il corredo a questa parola terrifica. Militia contra Malitia, sentenziava un gesuita del XVII secolo.
Ci sono tanti tipi di militanza. A parte quelle scontate – politica, boy scout e gruppi ultras, solo per fare qualche esempio – è interessante studiare il fenomeno a latere, di una militanza semiclandestina ma non difficile da scovare. Ci sono i militanti no global over age. Sessantottini in servizio permanente effettivo, si aggirano nelle nostre città con corredi di vestiario inconfondibile, sciarpe, gonne lunghe e trecce (per le signore), sigarette fatte a mano, qualche libro tascabile che spunta dalla vecchia borsa di pelle. Li trovi di solito nei supermercati bio, nei circoli del cinema di film iraniani o nelle birrerie più alternative, dove servono birra non pastorizzata. Facili da individuare e a loro modo colorati, sono di solito molto attratti dalle varie trovate spirituali post-new age o neo-alchemiche, la musica terzomondiale (maghreb-sudamerica-goran bregovich) e dai viaggi in India. Non scambierebbero il loro manuale sui fiori di Bach (?) nemmeno per un cofanetto di cd con l’opera completa di Bach (Johann Sebastian).
Ci sono i militanti della movida. Attratti da un ritmato lifestyle zapaterista , cercano di tagliare al massimo la settimana per ritrovarsi in forma al venerdì sera. Poeti dell’happy hour, ti abbagliano con le ultime app del loro iphone, pianificando con anni di anticipo il prossimo lungo weekend, novembre 2012 (sperando che gli Inca non ci abbiano preso).
I militanti del fitness. O delle fidanzate mollate. I militanti del teatro. I (le) militanti delle danza caraibiche. I militanti di facebook. I militanti del cinema, capaci di stilare una classifica dei peggiori flop al botteghino degli ultimi 10 anni, ma capaci – ancora! – di rivedere l’ultimo di Almodòvar per accompagnare una collega single.
I militanti (questi sì, ci acchiappano!) di letteratura, che trovi spesso a confrontarsi le tessere fedeltà di Feltrinelli o Mondadori, quasi fossero frequent flyer. Tra questi, insospettabili nonnine ex insegnanti, o giovani sognatori fermi al reparto fantasy. Li amiamo!
E poi. Poi ci siamo noi. Militanti di calcio. In genere, il primo segno distintivo è qualche pagina di gazzetta rosa che spunta dallo zainetto eastpak come dalla tasca di un impermeabile burberry’s. Perfettamente trasversali, ci mimetizziamo con il resto degli umani, calcolando le sottili crudeltà della classifica avulsa. O stupendoci nei confronti del tempo che passa, alla riflessione che già da due anni non ci sono più gli spareggi per non retrocedere. Sguardi schivi, orecchie pronte ad entrare in azione se il vicino di posto in metro ti chiede quando sarà la semifinale di Champions. Pronti ad entrare in sana polemica nei confronti della Nazionale. Con il calendario dell’agendina pieno di x fino all’11 giugno, inizio dei mondiali.
A pensarci però, anche noi militanti avremmo anche qualche buon motivo per ricordare il primo maggio. Tradizionalmente giorno di gite fuori porta, e di epiche partite organizzate dopo il picnic. In spiaggia, sul prato, in un parcheggio. Di solito, trovi sempre – Deo gratis – uno con il pallone nel bagagliaio. Due pietre, o due felpe al posto dei pali. Si arriva a dieci.
In un giorno come questo, un amico che non giocava mai, ma militava come pochi, segnò un gol di testa, in girata, all’incrocio. Dalla gioia, si tolse la maglia (una banalissima t-shirt bianca) e fece il giro dietro la porta per festeggiare con la sua curva immaginaria. Ridevamo tutti come matti, quel pomeriggio nel cortile della scuola salesiana che ospitava il nostro picnic. Era un grande tifoso della Sampdoria, e aveva i baffi. Se n’è andato a poco più di trent’anni, quasi vent’anni fa. Grande, Pila.

giovedì 29 aprile 2010

Raccontare il calcio

Dopo il primo post, più che altro una visionaria “prova”, proviamo ad esplicitare meglio il fine ( e gli “altri mezzi”) del nostro blog.
Seguendo coerentemente colui che vide nel desiderio il vero motore dello sviluppo umano, l’idea parte da una mancanza, da un deficit. Una riflessione sul calcio non può eludere il problema “culturale”: ci sono parecchi buoni libri e romanzi sulla Boxe – la “noble art” – bei film (dal primo Rocky a Million Dollar Baby. Ci sono buoni film sul football americano – Ogni maledetta domenica, con Al Pacino oppure quello del college americano con Denzel Washington nei panni del coach – adesso pare sia stato un successone Invictus, che unisce le gesta della nazionale sudafricana di rugby alle problematiche dell’apertheid. Ci sono bei film sull’equitazione, sulla danza (chi non si commuove a rivedere Billy Elliot?), sul basket, sul Judo, sull’atletica leggera (Momenti di gloria e la colonna sonora di Vangelis). Ci sono film (anche americani) sul ciclismo. Ma, a dispetto della sua popolarità e della sua capacità mitopoietica (di creare, cioè, miti, in questo caso sportivi), il football non ha un’adeguata – come direbbero i sociologi – “narrazione”. O se la possiede, è una produzione intesa come “masscult”, prodotto banale, popolare, di serie B. La maggior parte dei film e dei libri sul calcio sono in effetti storie o studi sociologici sugli Ultras, che per carità, fanno anche la loro figura e alzano un po’ di adrenalina (i prodotti buoni, tipo il primo John King, quello di Football Factory).
E’ vero, il filone inglese ci viene un po’ in aiuto, basti pensare a Nick Hornby ed il suo Fever Pitch (banalmente tradotto poi con Febbre a 90), ed il film carino che ne è stato tratto. Ma poi?
Ecco, il blog nasce da qui, dalla necessità di colmare questo gap narrativo e culturale che esiste nel mondo del calcio.
Il titolo del blog riprende il titolo di un racconto di Raymond Carver What we talk about when we talk about love (Di cosa parliamo quando parliamo d’amore, dovrebbe essere tradotto ed edito da Minimum Fax). Proprio dallo stile minimalista e suggestivo del compianto scrittore americano vogliamo partire per raccontare il calcio. Ciao a tutti.

mercoledì 28 aprile 2010

What We Talk About When We Talk About Football?


Di cosa parliamo quando parliamo di calcio?
Molti vi diranno “è solo un gioco, solo uno sport…”. Ma sappiamo che non è così. Altri diranno: “E’ business. Ragazzi strapagati. Interessi. Pubblicità. TV. Network satellitari. Pacchetti da spartire. Leghe. Sponsor.” Ma sappiamo che non è  - solo – così. Molti altri vi diranno: “E’ una nuova religione. Gli ultras. Nuovi arcaismi. Sociologie della devianza. Oppio dei popoli.” Ma, guardatevi intorno – e leggete qualche libro – non è così.
Guardate alle tele – o su youtube – i vecchi calciatori. I filmati sbiaditi. I Mondiali. Pelè. Georgie Best. Mané Garrincha. Il gol fantasma di Inghilterra-Germania. Eusebio, la pantera del Mozambico. I due gol del divino Diego in Argentina-Inghilterra. Il cigno di Utrecht. Ma sappiamo ancora che non è solo questo.
Di cosa parliamo allora, quando parliamo di calcio? Di tifo, naturalmente. Passione sportiva. Calcio giocato, anche in parrocchia o nei tornei dei bar. Ma anche di eroi, gesta, gol, azioni, papere, maglie, capigliature, musica, ricordi, letteratura, film, libri… sul football. Insomma, è il tentativo di provare a raccontare il calcio con altri mezzi.
 
Locations of visitors to this page