lunedì 31 maggio 2010

Domenica...

Il sole comincia ad avere la meglio sul campetto di terra in altura. Il vento acompagna le irregolarità, la polvere di gesso appena passata dal custode anziano si alza grezza. Siamo ancora nello spogliatoio, arrivati alla spicciolata, come ogni tardo pomeriggio di domenica. L’orario ha cominciato a slittare da un po’ di anni. La vera partita, la domenica, si giocava alle tre, alle due e mezza nei mesi invernali. Adesso, a quell’ora, con l’avvento di Sky, siamo tutti davanti alla tv a guardare le partite. Ma non cambia molto. O forse, ci illudiamo che non sia cambiato niente da allora. Le facce, segnate da anni di frustrazioni calcistiche e non, i capelli più radi e grigi, le pance che fanno capolino dalle maglie. C’è chi ancora porta la vecchia divisa, verde e bianca, in acrilico, col numero consumato dietro. C’è chi invece spende ancora bei soldi nell’equipaggiamento sportivo, e sfoggia, almeno nel periodo dei saldi, maglie ufficiali, scarpe all’ultimo grido, perfino i parastinchi di marca. Normalmente, indosso i pantaloncini da jogging della nike, la maglietta adidas verde militare, con le tre strisce e il logo bordeaux, che mia moglie mi ha regalato l’estate che poi ci siamo fidanzati. Ricordo di aver visto una maglia ufficiale la prima volta indosso ad un ragazzino inglese, con addosso la divisa della nazionale, portata così come una camici o una polo, con sotto i jeans e le scarpe. Aveva i capelli alla Rod Stewart, e il numero 7 sulle spalle di Kevin Keegan. Ero in vacanza con i miei in un rinomato posto in montagna, ed era agosto, penso intorno al 1980. Il fatto che io ricordi ancora perfettamente questo episodio mi dimostra quanto sono stato invidioso, in quel momento e negli anni a venire. Più o meno fino ad oggi.

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