sabato 1 maggio 2010

MILITANZA

Oggi è il primo maggio. Ma noi – non avendo mai fatto molto nella vita – non lo festeggiamo, perché sarebbe come chi festeggia il capodanno cinese non essendo cinese.
Riflettiamo invece su un carattere importante per il profilo del nostro lettore (e partecipante) del blog. Il militante. La parola sta indubbiamente perdendo il suo fascino. Si va colorando di tinte fosche e di divise dai colori rigorosamente non-pastello. Militanza indica tenacia, identità, chiusura, serrare dei ranghi, silenzio operoso. Tutte cose spaventosamente fuori moda. Politicamente scorretta, la militanza evocherebbe così regimi totalitari o appartenenza a gruppi dai dubbi fini (parrocchie, gruppi sportivi, associazioni bocciofile o comitive ciclistiche). Vade retro.
Attivismo, obbiettivi e consapevolezza del ruolo (uniti alla sicurezza che danno alcuni segni esteriori, imprescindibili, di riconoscimento) sarebbero il corredo a questa parola terrifica. Militia contra Malitia, sentenziava un gesuita del XVII secolo.
Ci sono tanti tipi di militanza. A parte quelle scontate – politica, boy scout e gruppi ultras, solo per fare qualche esempio – è interessante studiare il fenomeno a latere, di una militanza semiclandestina ma non difficile da scovare. Ci sono i militanti no global over age. Sessantottini in servizio permanente effettivo, si aggirano nelle nostre città con corredi di vestiario inconfondibile, sciarpe, gonne lunghe e trecce (per le signore), sigarette fatte a mano, qualche libro tascabile che spunta dalla vecchia borsa di pelle. Li trovi di solito nei supermercati bio, nei circoli del cinema di film iraniani o nelle birrerie più alternative, dove servono birra non pastorizzata. Facili da individuare e a loro modo colorati, sono di solito molto attratti dalle varie trovate spirituali post-new age o neo-alchemiche, la musica terzomondiale (maghreb-sudamerica-goran bregovich) e dai viaggi in India. Non scambierebbero il loro manuale sui fiori di Bach (?) nemmeno per un cofanetto di cd con l’opera completa di Bach (Johann Sebastian).
Ci sono i militanti della movida. Attratti da un ritmato lifestyle zapaterista , cercano di tagliare al massimo la settimana per ritrovarsi in forma al venerdì sera. Poeti dell’happy hour, ti abbagliano con le ultime app del loro iphone, pianificando con anni di anticipo il prossimo lungo weekend, novembre 2012 (sperando che gli Inca non ci abbiano preso).
I militanti del fitness. O delle fidanzate mollate. I militanti del teatro. I (le) militanti delle danza caraibiche. I militanti di facebook. I militanti del cinema, capaci di stilare una classifica dei peggiori flop al botteghino degli ultimi 10 anni, ma capaci – ancora! – di rivedere l’ultimo di Almodòvar per accompagnare una collega single.
I militanti (questi sì, ci acchiappano!) di letteratura, che trovi spesso a confrontarsi le tessere fedeltà di Feltrinelli o Mondadori, quasi fossero frequent flyer. Tra questi, insospettabili nonnine ex insegnanti, o giovani sognatori fermi al reparto fantasy. Li amiamo!
E poi. Poi ci siamo noi. Militanti di calcio. In genere, il primo segno distintivo è qualche pagina di gazzetta rosa che spunta dallo zainetto eastpak come dalla tasca di un impermeabile burberry’s. Perfettamente trasversali, ci mimetizziamo con il resto degli umani, calcolando le sottili crudeltà della classifica avulsa. O stupendoci nei confronti del tempo che passa, alla riflessione che già da due anni non ci sono più gli spareggi per non retrocedere. Sguardi schivi, orecchie pronte ad entrare in azione se il vicino di posto in metro ti chiede quando sarà la semifinale di Champions. Pronti ad entrare in sana polemica nei confronti della Nazionale. Con il calendario dell’agendina pieno di x fino all’11 giugno, inizio dei mondiali.
A pensarci però, anche noi militanti avremmo anche qualche buon motivo per ricordare il primo maggio. Tradizionalmente giorno di gite fuori porta, e di epiche partite organizzate dopo il picnic. In spiaggia, sul prato, in un parcheggio. Di solito, trovi sempre – Deo gratis – uno con il pallone nel bagagliaio. Due pietre, o due felpe al posto dei pali. Si arriva a dieci.
In un giorno come questo, un amico che non giocava mai, ma militava come pochi, segnò un gol di testa, in girata, all’incrocio. Dalla gioia, si tolse la maglia (una banalissima t-shirt bianca) e fece il giro dietro la porta per festeggiare con la sua curva immaginaria. Ridevamo tutti come matti, quel pomeriggio nel cortile della scuola salesiana che ospitava il nostro picnic. Era un grande tifoso della Sampdoria, e aveva i baffi. Se n’è andato a poco più di trent’anni, quasi vent’anni fa. Grande, Pila.

1 commento:

  1. Militanza, da "militare", verbo intransitivo; prendere parte all'attività di un partito, di un'organizzazione politica, culturale, sportiva.
    Le tinte forti che contraddistinguono il termine, soprattutto "grazie" ai media, non rientrano negli intenti della nostra cara lingua italiana, che anzi ne sottolineava l'importanza non dando qualificazione alla derivazione etimologica della parola, quanto, piuttosto, al concetto di "parte di qualcosa".
    Siamo stati tutti calciatori, abbiamo esultato tutti sotto curve immaginarie e sognato partite inesistenti, ma solo a pochi è data la fortuna di mantenere questa passione immutata; passano gli anni e ci si vergogna di essere parte di qualcosa, perchè ci identifica, pone un'etichetta.
    Non vergognatevi mai di avere amore per qualcosa, che sia un libro sui fiori di bach, un negozio di detersivi biologici alla spina o una gazzetta rosa che spunta dalla borsa.
    Invidio profondamente chi è "adepto", chi riesce a trovare in un partito, in un'idea, in un gioco, un modus vivendi; ammiro chi, a 30 anni, si leva la maglia e sogna ancora sotto una curva che non c'è.

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